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01/12/2017
Rinnovo contratto e previdenza. Sinasfa: opportunità da pensione integrativa

Il mancato rinnovo del contratto - che ha visto saltare un intero triennio 2013/2016 - ha provocato danni per i farmacisti non titolari perché la perdita salariale, oltre a pesare in termini di minor entrate e minor potere d'acquisto, ha conseguenze su tutte le voci legate allo stipendio base, quali straordinari, trattamento di fine rapporto, e sulla pensione che si andrà a percepire. È questa la preoccupazione espressa da Francesco Imperadrice, presidente del Sindacato nazionale dei farmacisti non titolari (Sinasfa), che ha mandato una lettera agli iscritti per fare il punto sulle possibilità di integrazione pensionistica previste nel contratto attualmente in vigore e ha lanciato una proposta per il prossimo rinnovo. 

«Se è vero che, una volta che si procederà al rinnovo del contratto, sarà prevista un'indennità di vacanza contrattuale» spiega, «è anche vero che la cifra che si ottiene, normalmente, non è tale da compensare la perdita». Soprattutto sul fronte pensionistico: «Le conseguenze più impattanti, proprio a causa del meccanismo che c'è alla base del sistema contributivo per l'Inps, sono su questa voce. A ogni perdita salariale corrisponde, infatti, un contributo inferiore rispetto al dovuto sul montante contributivo, che rappresenta la base sulla quale verrà calcolata, attraverso una serie di passaggi, la pensione. Tanto più se consideriamo che il nostro stipendio è fermo al 2011». Da qui la lettera inviata ai farmacisti non titolari e la proposta: «C'è nel nostro contratto un articolo che potrebbe dare una risposta ai farmacisti e potrebbe essere anche un elemento importante nel rinnovo per poter recuperare quanto perso: l'articolo 85 del nostro Ccnl che permette, infatti, l'attivazione della previdenza complementare con l'adesione al Fondo di categoria (Fondo Fonte). Al momento, la contribuzione "viene stabilita nella misura fissa pari al 1,05 % a carico del datore di lavoro ed allo 0,55 % a carico del lavoratore che può anche decidere di incrementare la sua quota. La retribuzione da assumere come riferimento per il calcolo di tale contributo è quella utilizzata per il TFR"».

Ora, continua Imperadrice, «credo che se la cifra versata dal datore di lavoro viene portata al 2%, come per altri contratti, ci sarebbe la possibilità di recuperare una parte di quanto perso in tutto questo periodo da un punto di vista pensionistico. Per altro, va considerato che l'intero importo versato al fondo ha una ritenuta d'imposta del 15% - da ridurre dello 0,30% per ogni anno successivo al 15° con un minimo del 9%-, mentre per il TFR rimasto in azienda la tassazione minima è del 23%. Credo che alla luce di questo possa essere un punto di vantaggio per entrambe le parti». A ogni modo, al di là del rinnovo contrattuale, «per quanto ci riguarda abbiamo mandato una lettera agli iscritti per informare di questa possibilità che non tutti conoscono e per mettere a disposizione il consulente sindacale per informazioni e supporto». I sistemi pensionistici in vigore prima dell'attuale, si legge nella lettera «facevano maturare una pensione pari al 70% dell'ultima retribuzione. Mentre il sistema contributivo fa maturare una pensione in media di poco superiore al 52%. L'adesione ai fondi negoziali permette di creare una pensione integrativa che, in aggiunta a quella INPS, potrebbe permettere il raggiungimento del 70/80% dell'ultima retribuzione. Inoltre stando ai dati forniti dall'istituto di vigilanza Covip il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali negli ultimi 5 anni è stato del 5,2 %, nell'analogo periodo il rendimento del TFR è stato pari all' 1,7%. Per avviare il passaggio «i farmacisti dipendenti devono chiedere al titolare di versare il TFR maturato dal giorno in cui si opta per l'adesione, compilando gli appositi moduli dal sito del Fondo Fonte. Per ulteriori informazionihttps://www.sinasfa.it».

Francesca Giani