RASSEGNA STAMPA

20/07/2018
Contratto, non titolari: farmacista scende ancora nella classifica retributiva

«In assenza del rinnovo del contratto dei dipendenti di farmacia, che non solo ha saltato un'intera tornata contrattuale, ma, con l'inizio dell'anno prossimo, avrà perso anche il triennio successivo, lo stipendio del farmacista - fermo, quindi, da quasi 6 anni e già, di partenza, basso rispetto ad altri professionisti e lavoratori - scende sempre di più nella classifica retributiva, nonostante le grandi responsabilità della gestione al banco del paziente e del farmaco». A lanciare la preoccupazione Francesco Imperadrice, presidente del Sindacato nazionale farmacisti non titolari (Sinasfa), che sottolinea anche l'impatto sulle prospettive pensionistiche e fa un appello «per arrivare quanto prima al rinnovo. Questa situazione sta gravando sempre di più sui farmacisti, con una forte perdita da un punto di retributivo e anche sul montante contributivo - la base sulla quale verrà calcolata la pensione - che, come abbiamo più volte sottolineato, può vedere anche un ammanco tra i 68mila e i 70mila euro, mettendo a rischio la sostenibilità della pensione futura». 

In generale, «lo stipendio del farmacista è inadeguato, soprattutto se confrontato alla media italiana e ad altri lavori e professioni. Questo, a fronte, invece, delle pesanti responsabilità che ci sono nella gestione della salute del paziente, nel counselling, nel trattamento di un bene delicato come il farmaco e, a fronte, oltre tutto, di un progressivo aumento delle attività in capo al farmacista, legato ai servizi, alla pharmaceutical care, al Cup e quant'altro, che non trova riscontro nel contratto». Per altro, continua, «la situazione salariale ha un peso ancora maggiore se si considera che il farmacista opera in un sistema ad accesso chiuso e che, a differenza di altri settori dove c'è una maggiore variabilità negli stipendi tra un'impresa e l'altra, di fatto è livellato». 

Ma «lo scenario in cui la farmacia oggi opera è completamente diverso, anche solo rispetto a cinque anni fa. L'organizzazione stessa del lavoro necessita di nuovi riferimenti normativi. Pensiamo solo alla liberalizzazione delle aperture delle farmacie che ha comportato impatti su orari, turni, ferie. Tutto un capitolo che al momento è deregolamentato e che invece necessiterebbe di essere normato, prevedendo paletti e tutele per il dipendente. Perché il concetto che deve passare è che la liberalizzazione delle aperture sia letta come un'opportunità per nuove assunzioni e non diventi in alcun modo impattante per l'organico già presente in farmacia».

C'è poi una ulteriore preoccupazione: «Essendo passati così tanti anni, il gap salariale da colmare è gioco forza alto. Il rischio che intravediamo è che la proposta di piattaforma possa diventare, da un lato, più stringente rispetto all'organizzazione del lavoro, sul fronte per esempio della flessibilità e degli orari, e, dall'altro, non sia in grado di mettere sul piatto un aumento che tenga conto del tempo perso e delle responsabilità e mansioni maggiori. Per questo, ribadiamo che qualsiasi ipotesi di contratto dovrà comunque essere approvata dalla base, dai farmacisti di tutta Italia, che non potranno in alcun modo essere costretti ad accettare una piattaforma che sia peggiorativa».

Francesca Giani